Lele Mora, crisi depressive terribili

Prima, dovuto, è arrivato l'appello per Fabrizio Corona, latitante: "Consegnati alla polizia, è la cosa più giusta per te e per la sua famiglia". Lele Mora, ospite di Barbara D'Urso a Domenica Live ha parlato del carcere e pure della sua esistenza da persona tornata in libertà: "Anche ora che sono libero, passo dall'entusiasmo per la liberazione a crisi depressive terribili".

Oggi vuole essere chiamato con il suo vero nome, Gabriele. Sta cercando di risalire la china, ma il momento del suo arresto ce lo ha impresso nella mente: "Da colui che paparazzava gli altri, sono diventato la vittima dei paparazzi. Tutti volevano vedere e fotografare il mio arresto. Arrivato in carcere, sono diventato un numero. Seppi che in carcere era detenuto anche Olindo Romano e lo vidi qualche volta, spazzare il corridoio fuori dalla mia cella, perché era stato adibito a spazzino. Sono stato in isolamento, sorvegliato a vista e con divieto d'incontro con tutti. Ho fatto 400 giorni di detenzione in questo modo. Anche mia figlia Diana ha subito un grave colpo da questa mia esperienza. Un giorno venne a trovarmi e vidi che stava malissimo. E ad un certo momento mi è svenuta tra le mani: mio figlio Mirko l'ha fatta ricoverare".
"Stavo malissimo, sono dimagrito tanto e non riuscivo più a mangiare - ha continuato a spiegare Mora - Il carcere è un luogo particolare: per capirlo bisogna viverlo. Io sono un maniaco della pulizia e prima di fare la doccia compravo tutti i detersivi possibili e pulivo anche per un'ora di seguito. La mia cella era una piccola stanza, diventata come un guscio per me. Sopra il letto ho attaccato le foto dei miei figli, di mia nipote Giulia e della Madonna di Medjugorje, perché sono molto credente. Ma anche la foto di Nilla Pizzi, che ho molto amato, e di Moira Orfei, con cui ho avuto ed ho un rapporto di grande amicizia".
Ha tentato il suicidio, un istante di debolezza di cui si vergogna: "Non ce la facevo più: mi incerottai la bocca e il naso, chiudendoli con un asciugamano. Il caso o la fortuna ha voluto che la persona che portava la posta, e che io avevo soprannominato Maria De Filippi, notò che non stavo bene. Sapevo di fare un torto terribile ai miei figli e a mia madre. Ma, anche se sono un uomo forte, in quel momento arrivai al bivio, non resistevo più. Dopo quell'incidente, chiesi di non dire niente, perché mi vergognavo troppo di questo gesto. E il pensiero peggiore fu come affrontare quella notizia con la mia famiglia".

"In carcere ho vissuto cose terribili: gente che si tagliava, che cercava di suicidarsi. Tutte cose che sentivo, ma che non potevo vedere. La galera è un luogo strano: c'è dentro di tutto - ha poi concluso l'ex manager dei vip - Nel mio libro racconto le esperienze che ho vissuto, ma soprattutto racconto la gente che ho incontrato, chi è la polizia penitenziaria che ti è vicina, ti fa compagnia e ti fa anche trascorrere del tempo. Uno degli agenti, Marco, mi diceva: "Signor Mora, resista. Lei non è da carcere, ma quando uscirà di qui sarà un uomo più forte". C'era anche un detenuto che mi faceva da mangiare: io non avevo un fornellino e lui, di nascosto, mi preparava qualche tè e le minestrine".
In studio è intervenuta pure la mamma di Mora, completamente dalla sua parte. "Gabriele ha capito tanto, ha avuto un cambio di rotta, mi auguro che abbia ripreso la strada giusta che per un po’ ha dimenticato", ha detto la D'Urso nel salutarlo dopo la lunga intervista.

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