Marco Alemanno, i parenti di Lucio Dalla gli hanno tolto le chiavi di casa

Dopo la sua scomparsa improvvisa, l'1 marzo scorso a soli 68 anni, c'è stato il dolore. Marco Alemanno, il giovane compagno di Lucio Dalla, aveva la voce strozzata dal dolore. Poi si è pensato alla ricca eredità, non solo quella artistica, infinita, ma pure e soprattutto quella patrimoniale. Sembrava non dovessero esserci lotte intestine, che tutti fossero d'accordo sulla Fondazione da intitolare al cantautore. Invece non è più così. I parenti e i cugini di Dalla, tra cui Simone Baroncini, primo corno all'Orchestra del San Carlo di Napoli, e sua madre, capo dei vigili a Bologna, secondo Alemanno, attore pugliese 32enne, hanno cambiato idea.

"I parenti fanno finta che io non esista, negano l'evidenza, da due mesi non ho più contatti diretti - ha spiegato Marco a Il Corriere della Sera - Dopo che è morto Lucio, tutto lo staff è venuto da me, che ero la persona più vicina, chiedendomi se ci fosse il testamento. A me risultava che non avesse lasciato scritto niente, comunque cercate e vedete, risposi. Io non ero nelle condizioni... Come si fa in questi casi, in assenza di testamento, l'avvocato ha depositato l'eredità giacente in Tribunale, che ha chiamato un curatore. I familiari si sono risentiti". E' amareggiato. Appena finito il funerale del grande Lucio, a caldo i parenti lo accusarono di aver "messo in scena una commedia, recitato una parte". Lui è rimasto nella casa del cantautore in via D'Azeglio: "Ma sono prigioniero nella mia casa, perché io la chiamo casa mia. Ho un letto, bagno e cucina. Da sei anni sono residente-possessore, come dice la legge. Se devo andare in un altro spazio della proprietà, dove ci sono i miei oggetti o le opere d'arte che Lucio mi ha regalato, deve esserci un testimone, attento, chissà, che non rubi nulla. Mi hanno tolto le chiavi, cambiato le serrature. Ho solo la parte mia. C'è un curatore, che sta in mezzo, tra me e i cugini. Fui obbligato a fare un inventario, perfino sul mio computer. I parenti quel giorno presero a darmi del lei, mi chiamavano per cognome. Quando cominciarono a discutere su una lampada, andai su tutte le furie. Poi ci fu mio padre che risultava assunto come custode della casa alle Tremiti. Anche da questo fatto è nata una questione".
La famiglia di Dalla gli ha persino chiesto dove fossero finiti i suoi effetti personali: "Chi doveva averli, e dove mai potevano essere? La notte, quando provo a dormire, apro il cassetto con i suoi oggetti per poter sentire ancora il suo profumo. Ma di questo a loro forse non importa o comunque non credo possano neanche immaginare che cosa voglia dire davvero".

Marco ha conosciuto Lucio Dalla nel 1997: "Passeggiavo per Bologna, ci incontrammo per caso". Nel 2004 ha iniziato a lavorare con il cantante. Oggi vorrebbe che la Fondazione prendesse il via: "Lucio ed io ne parlavamo da un anno e mezzo. Lui voleva concentrarsi su una delle sue passioni: il talent scout. Voleva individuare nuovi talenti, musicisti o pittori, in collegamento con l'università. Una settimana prima di partire per l'ultima tournée ci proponemmo di cominciare a cercare fondi e spazi". Ma al momento non ha soluzioni: "Rispondo con un gigantesco non lo so. Si farà la Fondazione? Non lo so. Ne farò parte? Non lo so. Resterò in via D'Azeglio? Non lo so". I colleghi di Dalla sono tutti dalla sua parte. Il 27 giugno prossimo a Taormina interpreterà un racconto da un libro del cantautore per rendere omaggio alla sua memoria: "È intitolato Bella Lavita, come fosse un nome e un cognome, è ambientato tra Taormina, i paesini dell'Etna e Catania. Il protagonista è un ragazzo siciliano, Carmelo, e il proprietario di un autogrill del Nord innamorato del Sud. C'è tutto l'amore di Lucio per la Sicilia". Sul resto, la lotta sembra appena iniziata.

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