- Il comico 33enne ha voluto scrivere ‘un pensiero su quello che è accaduto a Napoli’
- La morte di un ragazzo di 19 anni, ucciso da un proiettile ‘per errore’, lo ha molto scosso
- Ha quindi raccontato un episodio della sua adolescenza, vissuta proprio in provincia di Caserta
Frank Matano stavolta ha voluto mettere da parte i panni dell’attore comico per fare una riflessione più profonda. Il 33enne, noto per la sua fragorosa risata, ha deciso di scrivere un “pensiero” pubblico dopo la morte di un ragazzo di 19 anni a Napoli, freddato pochi giorni fa sul lungomare di Mergellina da un proiettile sparato da un coetaneo. Francesco Pio ha avuto l’unica colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, in un territorio dilaniato dalla Camorra. Un male che Frank, nato e cresciuto in provincia di Caserta, da padre italiano e mamma americana (anche se con radici italiane a sua volta), conosce bene.
Su Instagram ha quindi raccontato di un episodio di cui è stato protagonista lui stesso da adolescente, quando un altro ragazzo gli diede una testata sul viso senza un motivo. Ha scritto: “Sono nato e cresciuto nella provincia di Caserta. Più di una volta ho assistito o vissuto in prima persona alla malevolenza gratuita di determinati ragazzi che hanno vissuto in determinate situazioni che li hanno portati ad essere in un determinato modo e questo ghirigoro inutile di parole si chiama Camorra. Lo stato ha scelto di lasciare migliaia di ragazzi a loro stessi. Educati da persone che nella vita non hanno avuto la possibilità di autodeterminarsi, questi ragazzi sono cresciuti pensando di essere invisibili, pensando che l'unica cosa che si possa possedere sia l'onore. Non c'è altro”.
“E se nessuno ti ha insegnato ad aprire la propria coscienza a te stesso, l'unico modo che hai di essere rispettato è la violenza. È una dinamica sociale fatta di potere applicato in poco meno di 20 km2. Oltre il proprio paese non c'è altro. C'è un muro, e ogni mattone di questo muro invalicabile è fatto di un pezzo della propria inadeguatezza”, ha aggiunto.
Quindi il racconto: “Ho fatto le superiori a Sessa Aurunca. Prendevo il pullman da Carinola fino a Sessa ogni mattina. Quasi ogni mattina cercavo di NON incontrare un ragazzo che NON era un camorrista ma voleva esserlo. Era amico di ‘figli di’ ma doveva dimostrare qualcosa in più al suo gruppo perché nelle sue vene scorreva sangue anonimo, insopportabile per un anonimo. Nessuno dà il giusto valore alla propria anonimia fin quando non la perde completamente, finendo sul giornale per esempio, uccidendo qualcuno per esempio”.
“Questo mio coetaneo aveva scelto da maturo quindicenne di imporsi sugli altri. Quando scendevo dal pullman ci fermavamo mezzoretta in villa a Sessa prima di entrare in classe (2004). Ho fatto il linguistico. I miei compagni di classe con cui ero in villa prima di entrare ogni mattina erano poco meno di dieci donne. Ho vissuto il matriarcato nella mia adolescenza. Ero al linguistico. Dicevo. Stavo nel mio gruppetto, in villa. Questo ragazzo mi si avvicina e mi chiama ‘o suggettò’ che vuol dire ‘soggettone’ che vuole dire ‘tu che non ti imponi con la forza qui avrai problemi’”, ha continuato.
“Non risposi alle provocazioni. Si avvicina sempre di più, siamo faccia a faccia, mi minaccia senza motivo, senza motivo, nessun motivo, zero motivi, non un motivo. Mi da una testata secca sulla bocca. Così a caso. Senza motivo. Nessun motivo. Zero motivi. Non un motivo. Per ridere. Per fare la camorra”, ha proseguito.
“Mi mortifica. Non dico niente. E mi porto il non dire niente per tutto l'anno scolastico. Mi porto il non dire niente fino a domani. Non dire niente è un altro modo di morire. Non dire niente per non morire di fronte a un bar con un vodka lemon annacquato in mano. Non reagire a una umiliazione. Non rispondere alla violenza richiede una perversa autocommiserazione e non si capisce dove finisce quella e dove inizia l'istinto di sopravvivenza”, ha sottolineato.
“Questo messaggio è diretto ai ragazzi che vogliono imporre sé stessi con la violenza. Non c'è nulla che vi fermerà. Neanche un morto. Neanche mille, di cui già non sappiamo più nulla. Fra un mese Francesco Pio sarà uno di quelli. Niente di più. E chi l'ha ucciso sarà uno di quelli. Niente di più. Nessun protagonista. Torna l'anonimia. Resta il nulla. Resta il contrario della speranza. Restano solo dei ragazzi a cui non è permesso di vivere dignitosamente. Riposa in pace Francesco Pio. Riposa in pace fratello mio campano”, ha quindi concluso.