Paolo Bovi, ex dei Modà: 'Sono ammalato di pedofilia'

La sua lettera l'ha scritta e inviata ai genitori lo scorso 13 marzo, prima di un tentativo di suicidio. Paolo Bovi, ex fonico dei Modà condannato lo scorso 10 ottobre a 5 anni e mezzo di reclusione per molestie sessuali su quattro ragazzi tra i 14 e i 16 anni, ha ammesso di essere ammalato di pedofilia.

Paolo Bovi in una lettera inviata ai genitori a marzo ha ammesso: 'Purtroppo sono ammalato di pedofilia'

Paolo Bovi, ex dei Modà, ha confessato e probabilmente, a suo modo, chiesto aiuto ai suoi. "Purtroppo sono ammalato di pedofilia: l’ho capito quando per la prima volta alle superiori ho sentito quella parola e l’ho cercata sul vocabolario”, ha scritto nella lettera. Alcuni stralci del documento sono riportati nelle motivazioni della sentenza emessa dal giudice per l’udienza preliminare di Milano, Franco Cantù Rajnoldi.
Sono malato da tantissimo tempo, per quello che riesco a ricordare già dalle scuole medie“, sottolinea Paolo Bovi, ex fonico dei Modà. La lettera in questione è stata ritrovata proprio lo scorso marzo a casa di suo fratello e considerata una prova nelle motivazioni della sentenza.

L'ex fonico del Modà con Kekko Silvestre ai tempi in cui faceva ancora parte della band

“Sono sempre stato un bambino sensibile, dolce e sincero ed ho sempre creduto che ogni cosa che dicevano papà e mamma erano la verità. Per me quello che mi dicevano i miei genitori era la cosa più importante, sono sempre stato buono e volevo conoscere il mondo come tutti”, ha scritto ancora Paolo Bovi. Come ha precisato il gup, la missiva si aggiunge a “dichiarazioni sostanzialmente ammissive di responsabilità” che l'uomo ha reso nell'interrogatorio del pm lo scorso 6 giugno.
Paolo Bovi è 'ammalato di pedofilia' ed è stato condannato perchè avrebbe abusato di quattro ragazzi dell'oratorio nel 2011, durante alcune gite, mentre ricopriva il ruolo di educatore in una parrocchia nella periferia di Milano. E' stato pure condannato per evasione. A marzo, dopo aver spedito la lettera ai genitori, ha manomesso il braccialetto elettronico mentre si trovava agli arresti domiciliari, si è allontanato e ha tentato il suicidio. Il segnale del braccialetto in questione, però, evidentemente ancora funzionante, ha comunque avvertito i carabinieri che lo hanno salvato.
“Non mi sentivo in grado di dire di no, perché ho sempre seguito i suoi consigli anche in campeggio e gli sono sempre andato dietro: non era uno sconosciuto ma lo sentivo come un fratello grande del quale fidarmi ciecamente. Mi sono sentito tradito e poi ho compreso che era successa una cosa gravissima”, ha raccontato una delle vittime in una deposizione protetta. All'epoca aveva 13 anni.