Giacomo di 'Aldo, Giovanni e Giacomo’ parla di quando faceva l’infermiere: 'Ho sofferto’

Giacomo Poretti, più famoso solo come Giacomo del trio comico ‘Aldo, Giovanni e Giacomo’, non ha sempre avuto il sogno di diventare un attore comico. Anzi, per un lungo periodo prima di intraprendere la strada dello spettacolo ha lavorato come infermiere in ospedale. Sono stati ben 11 gli anni passati in corsia. Un’esperienza difficile, che lo ha segnato e l’ha fatto soffrire, ma gli ha lasciato dentro una venerazione per i medici, mestiere delicatissimo e importantissimo.

Giacomo di 'Aldo, Giovanni e Giacomo’ parla di quando faceva l’infermiere: 'Ho sofferto’
Giacomo Poretti, 65 anni, ha scritto un libro sugli 11 anni passati a lavorare come infermiere: 'Turno di notte'

Intervistato da ‘Panorama’ in vista dell’uscita del suo libro ‘Turno di notte’, in cui parla proprio degli anni in cui ha messo il camice per andare a lavorare, ha raccontato: “Quando lavori in ospedale la cosa decisiva non appartiene né al ‘bello’ né all'‘interessante’, è lo stare a contatto con la malattia e anche con i suoi esiti nefasti che è sconvolgente, ti sconquassa. L'aspetto relazionale con le persone è ciò che ti resta addosso”. Con i pazienti era a volte distaccato e a volte molto meno: “Ho cercato proprio di far capire il pericolo che si corre, sempre in bilico tra il cinismo e l'affezionarsi.

In corsia il 65enne ha visto ovviamente situazioni molto difficili e a volte fatali: “Di arresti cardiaci me ne sono capitati cinque. Non tutti finiti bene, però. Due si sono salvati e tre no”. La prima persona che gli è morta davanti ha rappresentato un trauma. “Il primo decesso l'ho sofferto proprio tanto. Me lo ricordo bene, era un signore di poco più di 50 anni, aveva una brutta malattia...”, ha aggiunto.

L'attore ha poi trovato la fama grazie al trio comico 'Aldo, Giovanni e Giacomo'
L'attore ha poi trovato la fama grazie al trio comico 'Aldo, Giovanni e Giacomo'

Aver lavorato fianco a fianco con molti dottori gli ha fatto capire quanto è importante la loro professione. “Ho quasi una venerazione per i medici, anche perché ne ho visti molti in difficoltà, a volte devi far piangere una persona, o famiglie intere, è tremendo”, ha continuato. Lui stesso, tornasse indietro, forse si iscriverebbe a Medicina. “Non ho mai studiato ma avrei voluto fare l'internista: è il cosiddetto medico generico che però deve sapere un'infinità di cose, è come un segugio che scopre la malattia”, ha concluso.