Roberto Baggio, il calciatore più amato d'Italia, spara a zero sul suo ex allenatore Marcello Lippi. Nella biografia "Una porta nel cielo", il codino racconta la carriera, il privato (ricordiamo la fede buddista), ma soprattutto le incomprensioni con i tecnici. Parlando degli anni alle dipendenze di Lippi, nemico dichiarato, afferma: "Ogni pretesto era buono per darmi contro. Appena arrivò all'Inter, mi chiese di fare i nomi dei giocatori ribelli. In pratica di fare la spia. Rifiutai e la prese male. Da allora fui la riserva di tutti, compreso Russo, uno che fatica a giocare in C1. Una volta a tavola chiesi del peperoncino. Il giorno dopo il cameriere me lo rifiutò: divieto assoluto dell'allenatore. Durante una partitella feci un assist da 40 metri a Vieri. Bobo segnò, i compagni mi applaudirono." Paradossale reazione di Lippi: "Vieri, Panucci, che cazzo fate? Qui non si applaude nessuno e la cosa vale anche per il signor Baggio." La risposta di Lippi? Smentita totale e disistima per il fuoriclasse; non poteva essere altrimenti. Brutta storia, un altro segno del malessere strisciante nel mondo del calcio, fra doping, passaporti truccati, violenza sugli spalti ed uno stato di tensione permanente che coinvolge gli stessi protagonisti.