Enrico Varriale parla per la prima volta: 'Mi vergogno di me, ma non sono un mostro'

Enrico Varriale parla per la prima volta. A processo per stalking nei confronti dell’ex compagna, il giornalista, ex vice direttore di Rai Sport, si difende e racconta la sua verità a La Repubblica sulla lite con la donna che l’ha denunciato per ben due volte,una il 9 agosto, per lesioni e poi una il 14 settembre, per stalking. “Mi vergogno, ma non sono un mostro, sottolinea il 61enne.

Enrico Varriale parla per la prima volta: 'Mi vergogno di me ma non sono un mostro'

“Lo so benissimo, ho fatto qualcosa che non può e non deve essere fatto. Mai. E’ successo qualcosa che non doveva succedere. O, meglio, che ho fatto qualcosa che non dovevo fare. Ma so anche che non sono il mostro di Milwaukee. E anche se sono certo che questo mi costerà altre critiche, altre umiliazioni, credo che sia giusto dirlo a questo punto. Sì: penso che sia doveroso far sapere come sono andati davvero i fatti”, spiega Varriale.

Per il giudice il famoso volto Rai ha sbattuto al muro la ex compagna, l’ha percossa, presa a calci e le ha stretto le mani intorno al collo. “Il gip ha accolto la tesi della Signora. Ha riportato solo quella. E per questo motivo, insieme ai miei avvocati Fabio Lattanzi e Stefano Maranella, ho deciso di affrontare il processo con rito ordinario. Così avrò modo di raccontare l'intera storia in un dibattimento. Non per attenuare le mie responsabilità, ma per affermare un concetto semplice: ho sbagliato ma non sono un mostro”, precisa il giornalista.

Non sapeva nulla del procedimento contro di lui sino al 27 settembre quando due poliziotti glielo hanno comunicato bussando alla sua porta: “Due giorni dopo era tutto sui giornali. Nessuno mi aveva sentito, nessuno mi aveva chiesto niente. Un copia e incolla della denuncia della controparte. Una gogna che mi ha sconquassato”.

A processo per stalking nei confronti dell'ex compagna, si difende

Enrico Varriale poi, prima di parlare di quel 6 agosto, quando è avvenuta la lite, racconta: “Non abbiamo mai convissuto. Lei viveva a Pesaro col marito. Io ero un uomo libero, a Roma. Ho due figlie grandi ma mi sono separato da mia moglie tanto tempo fa. Con la Signora avevamo cominciato a frequentarci a novembre, nel periodo dei lockdown. Lei veniva a Roma, da me una settimana sì e una no. A Pesaro era ‘prigioniera’, diceva così, di un matrimonio inesistente, con un marito molto più grande di lei. Che non amava. Parlava di una gabbia, piangeva al telefono con me. La storia con me invece andava avanti, e io le dicevo che così era umiliante per me e anche per lei. A un certo punto le ho chiesto di scegliere, un rapporto saltuario non mi interessava. Così le ho detto: dopo gli Europei prendi una decisione o la finiamo qui”.

“A maggio, come tappa intermedia aveva affittato una casa vicino alla mia. Io non ero entusiasta, soprattutto perché lei non prendeva quella benedetta decisione - continua - Così le ho dato un ultimatum: al ritorno dagli Europei voglio capire che cosa vuoi fare. Il tempo però passava e lei non decideva. Il 29 luglio, al ritorno dagli Europei, ci vediamo a Roma per decidere se fare qualche giorno di vacanza insieme. Mi avevano invitato in Costiera amalfitana alcuni amici. Quella sera lei ha visto che avevo cambiato password al computer, prima usavo il suo nome, e ha dato ai matti... In un impeto di gelosia mi ha tirato il computer in faccia. Poi però abbiamo fatto pace e siamo partiti per la Costiera, in vacanza insieme”.

I dissidi sono già iniziati il 5 agosto, la donna era gelosa secondo Varriale: “La sera del 5 non sono caduto nelle provocazioni e me ne sono andato”. Il giorno dopo il disastro: “Di quel giorno voglio dire due cose. La prima: non le ho mai messo le mani al collo. Al Gemelli le hanno fatto una prognosi, di cinque giorni. La seconda cosa è che ci siamo colpiti tutti e due. Non l'ho picchiata. E' stato un litigio. Alla fine avevo l'occhio pesto, quello messo peggio ero io. Io non ho mai picchiato una donna”.

Il giornalista 61enne racconta la sua verità

Varriale chiarisce: “Stavamo litigando, i soliti motivi. Io parlavo lei chattava. Scriveva a due suoi amici, le chiedevo di smettere. E una volta, e due e tre. Le ho tirato via il telefonino. Lei mi è saltata addosso. Mi sono difeso. Ma non le ho mai messo le mani alla gola. Posso averla allontanata, al massimo. Lei ha dichiarato che questo è successo fuori dalla sua casa sul pianerottolo. Non è vero, è successo in casa. Il portiere mi ha visto andare via. Avevo la maglia strappata a brandelli”.

E ancora: “Non deve capitare. Ammetto che è capitato. Non mi sono controllato. Ci siamo colpiti.  Ma quello che è capitato, di cui mi vergogno, va inserito nel giusto contesto. Non sono un violento, non sono uno stalker, non ho provato a strangolarla”. Nega anche l’accusa di averla seguita o spiata: “Le dicevo solo che volevo chiarire”.