Loredana Bertè si racconta in un'autobiografia scritta con Malcom Pagani ed edita da Rizzoli. Il libro si intitola "Traslocando - E' andata così". La cantante 65enne svela tutto, compresa l'infanzia difficile con le sorelle e il padre violento. "Ho sentito che dovevo raccontare le cose io, adesso che sono ancora viva. Non volevo che qualcuno pensasse di poter parlare della mia vita con me morta, e quindi per forza zitta. Era da tanto che ci pensavo a questo libro, lo immaginavo così, con dentro tutto: dalla mia infanzia alla tragedia di Mimì. E poi la commedia di quello che è stato, perché bisogna dire che mi sono successe anche cose buffe e strane. Insomma ho raccontato ogni cosa: forse sono stata un po’ cruda, sboccata, ma è la mia voce quella, non mi piacciono le infiocchettature. A me piace Bukowski, mi piace Kerouac. E Michele Serra", ha spiegato Loredana Bertè a Vanity Fair.
Ricordare tutto, l'infanzia difficile e il padre violento, le ha fatto male: "Specialmente ripensare a due momenti: la morte di mia sorella e gli anni in cui eravamo bambine. Per Mimì l’infanzia era un buco nero: non ricordava niente. Io invece tutto. E' come se fossi andata dall’analista. Ricordare ha aperto la strada ad altri ricordi, cose che mi sono venute in mente dopo, quando il libro era già in stampa. Cose forse importanti solo per me, come il mio soprannome di bambina: Lola".
Loredana Bertè non ha avuto problemi a rivelare la sua infanzia difficile e il padre violento. "Era una vita d’inferno, senza la più piccola allegria, nemmeno gli auguri al compleanno. Tutte stelle mancanti. Nostro padre era un violento che massacrava di botte nostra madre, anche quando era incinta; uno che ha buttato mia sorella dal balcone per un brutto voto a scuola, e che, quando mamma non gliela dava, veniva in camera di noi bambine a masturbarsi guardando Mimì. Lei lo sentiva arrivare e mi diceva: chiudi gli occhi, fai finta di dormire. Io guardavo attraverso le ciglia e vedevo una cosa che non capivo: cosa facesse quest’uomo fermo ai piedi del mio letto, girato verso mia sorella. Mimì mi ha spiegato tutto dopo molto tempo", ha confessato Loredana.
Lei e le sue sorelle non ne hanno mai parlato ad alcuno: "Non sapevamo a chi dirlo, a quel tempo mica c’era il Telefono Azzurro. Parlarne a nostra madre, comunque, era escluso: avevamo paura che non ci credesse, che lo dicesse a lui, e di essere picchiate". Secondo Loredana Bertè la madre non sapeva: "Ma non si è mai neanche chiesta niente dei giri notturni che faceva suo marito". Con l'adoratà Mia Martini da grande non ne ha mai parlato: "Lei aveva rimosso tutto, non solo quell’abuso sessuale, ma anche le botte. Io invece mi ricordo le mattonelle del bagno rosse di sangue, mia madre incinta di otto mesi accasciata perché lui l’aveva presa a calci. Quel bambino che lei ha abortito era il maschio che tanto desiderava mio padre". La donna non si è mai ribellata: "Allora non si poteva, e poi lei si era sposata a 15 anni. Era una donna di una bellezza incredibile, ma totalmente incapace".
Tanti pezzi di esistenza nell'autobiografia. L'artista ha parlato degli amici, del matrimonio finito con Borg, l'ultimo uomo che ha amato, del grande dolore per il suicidio della sorella. "Purtroppo la fine della nostra storia (con Borg ndr) ha coinciso con la morte di Mimì, e io non mi sono mai più ripresa. Non è vero che il tempo cancella: è sempre ieri. Lei prima di morire mi ha telefonato e io non ho risposto. Poco prima aveva anche insistito per regalarmi un cellulare “così ti trovo”, diceva, ma io non l’ho voluto. Mi sono punita per questi errori che avrebbero potuto salvarle la vita. Mi sono chiesta: quali sono le cose che mi piacciono di più? Viaggiare e amare. Ho smesso di fare entrambe. Ho smesso di amare anche me stessa, e non ho più ricominciato. Per tre anni sono rimasta in casa a guardare il soffitto. Adesso aspetto solo che quello stronzo di mio padre muoia per prendere le ceneri di Mimì e spargerle nel mare di Bagnara Calabra".
C'è solo la musica a darle pace, ma niente felicità per lei.