Roberto Vecchioni parla della recente morte del figlio 36enne: ''Era bipolare, il mio successo forse aumentava le sue insicurezze''

  • La famiglia ha annunciato il decesso di Arrigo lo scorso aprile con un post social
  • L’artista 80enne lo ricorda con parole profonde e cariche di dolore

Roberto Vecchioni, in occasione degli 80 anni, compiuti ieri, 25 giugno, in una lunga intervista al Corriere della Sera ripercorre la sua vita artistica e non solo. Parla per la prima volta della recente morte del figlio appena 36enne, Arrigo. La famiglia ha annunciato con un doloroso post la sua scomparsa lo scorso 18 aprile. Era bipolare, il mio successo forse aumentava le sue insicurezze”, rivela l’artista.

Roberto Vecchioni parla della recente morte del figlio 36enne: ''Era bipolare, il mio successo forse aumentava le sue insicurezze''

Vecchioni dal suo primo matrimonio con Irene Brozzi ha avuto la sua primogenita, Francesca Vecchioni, 47 anni, che l’ha reso nonno di due gemelle. Nel 1981, dopo il divorzio, ha sposato Daria Colombo. Dalla donna ha avuto altri tre figli: Arrigo, purtroppo deceduto, Carolina ed Edoardo.

In una canzone dedicata proprio ad Arrigo, il padre ha scritto: “Figlio chi si è preso il tuo domani /quelli che hanno il mondo nelle mani”. Vecchioni spiega: “Questa è una canzone che io amo tantissimo, anche se non è mai andata. Era un ritratto abbastanza preciso di una pubertà, di una gioventù che si lasciava andare. Arrigo aveva tante meravigliose qualità, in primo luogo la sensibilità. Ma anche tante debolezze, insicurezze, incertezze che non c’era modo di fargli passare e che forse aumentavano nel vedere il padre che aveva successo. Ma qui siamo alla domanda di prima: che strada prendere? Che errore non fare? Rinunciare ai concerti? Non lo so…”.

Quando gli si domanda come abbia affrontato la fine del ragazzo, Vecchioni svela: “Una cesura tra una vita e un’altra, lo è stato ancora di più per mia moglie. Non l’ho presa come un’ingiustizia. Questo no, assolutamente no. Mi viene in mente Eschilo che diceva: ‘Si impara soffrendo’. Forse dalla felicità non si impara un caz*o. Si impara solo soffrendo, sperando di tornare alla felicità. E’ stato il crollo del mondo, dell’universo, ma non di certezze e ideali. E poi lo sento dentro fortissimo, mio figlio. Lo sento intensamente, Arrigo, me lo rivedo dentro continuamente”. 

La famiglia ha annunciato il decesso di Arrigo lo scorso aprile con un post social

Lui era bipolare - prosegue il cantautore - ho una metafora: un giorno, tornando dall’ospedale vicino Piacenza dove lui andava a fare terapia, abbiamo preso la Statale per andare a Desenzano ed era piena di autovelox. Gli ho detto: ‘Facciamo una cosa: tu guida, passa, ogni volta che c’è un autovelox te lo dico e tu rallenti’. Abbiamo fatto questa strada di corsa e sembrava la vita, proprio. Corsa, corsa corsa e ad ogni autovelox lo fermavo. Quando siamo arrivati lui mi ha abbracciato e mi ha detto: ‘Li abbiamo fottuti tutti, papà’. E invece un autovelox ci aveva beccati. Ho tentato di dire: ‘Non è colpa sua, ma mia, guidavo io’. ‘Eh no…’, hanno risposto. ‘... abbiamo visto, prendiamo lui’. Questa è la morte di mio figlio: gli autovelox della vita”.

Vecchioni sui i figli in generale aggiunge: “Il mistero che c’è, dentro un figlio o una figlia, è soprattutto quando lo vedi fare cose che non sono nelle tue consuetudini, non sono comprensibili per il tuo essere novecentesco. Lasci fare, ma non capisci. Quello per un figlio è un amore incosciente, non riesci a comprendere perché, ma sai che devi amarlo, sempre”.

Arrigo “non lo sapeva, cosa sarebbe stato di sé”. “Non potevo chiederglielo, però potevo chiedergli cosa ne sarà di me - dice Roberto - Nella sua intelligenza avrebbe risposto: ‘Padre non smettere mai di correre per quella strada, perché è la tua vita’. Mi avrebbe risposto così”.