- Il 46enne ha fatto sia terapia individuale che collettiva: “Mi piaceva ascoltare le persone”
- Quando gli è stato detto che era guarito per lui è stato uno shock
Pierluigi Diaco è felice del successo del suo BellaMa’, in onda nel pomeriggio di Rai2. Il 46enne a Gente si racconta, parla della sua vita votata al lavoro, senza mondanità. Unito civilmente dal 2017 ad Alessio Orsingher, giornalista 37enne di La7, si divide tra studio e casa. Il giornalista si svela e fa una confessione: “Dai 25 anni ai 32 ho sofferto di depressione. Mi curavo con farmaci e analisi”.
Per sette anni è stato depresso. Diaco chiarisce: “Nel frattempo lavoravo”. Era in cura: “Con farmaci e analisi, sia individuale che collettiva. Mi piaceva molto ascoltare e studiare le persone. Quando mi hanno detto che avevo finito, è stato uno shock, volevo continuare”. La depressione ha fatto acuire la sua attenzione per “la complessità delle persone”.
“Quasi mai credo a quello che mi dicono. Credo più al tono. E riconosco subito quando è ipocrita: allora tiro su un muro e raramente cambio idea. Nel mio ambiente è pieno di gente così. Non la frequento, ho una vita altrove”, spiega Pierluigi. E aggiunge: “I lustrini e la visibilità dell’ego mi annoiano. Andare a una prima solo per essere fotografato insieme a un plotone di disgraziati morti di fame diventati famosi perché sono stati lì, non mi va. C’è un limite a tutto”.
Quando gli si domanda come abbia fatto con un carattere così a sopravvivere nel mondo dello spettacolo, Diaco sottolinea: “Mi sono preso l’impegno di occuparmi del mio carattere, che era spigoloso. Ho iniziato a lavorare a 15 anni in un mondo di pescecani, senza un padre, senza una famiglia che venisse da quella esperienza. Ho imparato sul campo. A 20 anni curavo un programma di attualità politica su Radio2. Si immagini le critiche, l’Italia è piena di invidiosi. Mi sono dovuto proteggere e questo mi ha fatto diventare arrogante e spigoloso. Mi avrebbero mangiato, altrimenti. Ho iniziato troppo giovane, non è stato facile gestire tutto".
"Dopo i 30 anni ho capito che dovevo lavorare più sul carattere e meno sul talento", chiarisce. E conclude: "Puoi essere bravo quanto puoi, ma se non hai un carattere che ti permette di essere diplomatico e paziente, con una buona dose di ipocrisia non vai da nessuna parte”.