Kasia Smutniak, paladina instancabile dei diritti delle donne, si guadagna la cover di Vanity Fair. La 42enne avverte: “Attenta Italia, rischi di finire come la mia Polonia”. Nel suo paese la già restrittiva legge sul diritto all’aborto ha stretto le maglie e lei non ha paura di combattere perché le cose cambino.
Kasia si espone in prima persona, incontra Emma Bonino, politica che dal 2011 si trova nell’elenco delle ‘150 donne che muovono il mondo’, e spiega i suoi timori. In Polonia a gennaio si è stabilito che l’interruzione di gravidanza è legale solo in caso di pericolo di vita per la madre e di stupro. Anche in Italia il diritto all’aborto, per il quale le donne hanno combattuto, mostra crepe: il 70 per cento dei ginecologi è obiettore di coscienza e l’aborto farmacologico è ostacolato tantissimo.
In Polonia “da un giorno all’altro ci siamo trovati nella società capitalista, ci siamo ubriacati di libertà e ci siamo seduti. Ora quella libertà la stiamo perdendo: così come ci è arrivata, sta andando via. Pezzo dopo pezzo. Io urlo questa cosa polacca ai miei amici non perché la Polonia sia il centro del mondo, ma perché voglio dire: ‘Attenti, può succedere anche in Italia’. A me Salvini che tira fuori il rosario non fa ridere”, spiega la Smutniak.
Da un anno combatte sul social per le donne polacche e non solo. “In Polonia sono aumentati tantissimo gli aborti illegali, oppure quelli fatti all’estero. Il Belgio ha aperto le frontiere alle donne polacche che vogliono abortire e glielo fa fare gratuitamente: ma se hai 18 anni magari non puoi sparire di casa per giorni senza dare spiegazioni ai tuoi genitori. Per non parlare del dramma delle donne i cui feti hanno gravi malformazioni incompatibili con la vita: costrette ora a portare a termine la gravidanza, partorire, battezzare e seppellire i loro bambini. Io credo che questa cosa lascerà tracce profonde nella società”, sottolinea ancora l’artista, ex di Pietro Taricone, mamma di Sophie, 17 anni, e Pietro, 7.
“Io penso che questo corpo delle donne faccia paura - prosegue Kasia - E lo dimostra anche la violenza a cui sono esposte. Credo che ci sia una paura atavica, negli uomini, che ha a che fare con la sensazione che la donna potrebbe essere superiore. Ecco, l’ho detto”.
L’attrice desidera che la difesa dei diritti riguardi tutti, anche gli uomini: “Ho un figlio di sette anni, e da lì devo partire e mettere un seme nella sua testa di giovane uomo, devo crescerlo in una certa maniera”. E’ scesa lei stessa in piazza a manifestare, anche contro i muri innalzati per tenere lontano gli immigrati.
“Ho la sensazione che sia proprio un momento di grande visibilità per le donne - conclude - E’ cominciato con il movimento #metoo, che a me personalmente ha fatto rendere conto del meccanismo in cui ero intrappolata. In quel meccanismo vivevo perfettamente, sapevo muovermi, avevo le mie armi: essere più maschile che femminile, trovarmi meglio con gli uomini che con le donne. Era il mio modo di sopravvivere. Poi è accaduto qualcosa di importante: si è aperto un dialogo nelle case, tra gli amici, tra i genitori. Prima, dirmi femminista era una cosa che sembrava vecchia, che pronunciavo quasi con imbarazzo. E invece no, lo dico: ‘Io sono femminista’. E so che questo momento non va sprecato”.